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www.rediso.it e la storia continua. Siamo a Milano, ma nel 140 anni fa Milano come stava? Cominciamo a chiederci dove siede Milano? Quasi a metà del pendio tra le foci del Po e le radici dell'Alpi siede la nostra città in un piano che un tempo esser doveva indisputato dominio di acque che ancora non si denominavano Po, Ticino, Adda e nella incommensurabile vita del mondo fu un'età dove i ghiacciai occuparono tutta quella che fu poi la Lombardia stendendosi forse fino al mare e a poco a poco ritirandosi quegli acciai lasciarono immense morene, cioè il detrito dei monti e delle valli da cui provenivano di varia natura e formazione. I fiumi, ripreso il corso, sapersero la via tra quei frantumi dove sciolti, dove ristretti in dure puttinghe Altrove le acque si avvallarono in laghi, immensi massi di natura differenti dalle circostanti montagne rimasero erratici per la pianura e fin sulle vette dove erano scesi col ghiacciaio e sopravvennero enormi eruzioni che sollevarono quegli strati essi in menesimi modificandosi secondo l'ossatura precedente e con l'opera dei fiumi e delle eruzioni attraversarono i cumuli morenici e così formossi l'orografia del nostro paese dove infinite colline composte di detrito offrirono studi curiosissimi allo scienziato come graditissima fatica all'agricoltore e i nostri pradi cominciarono a lavorare i rialzi dove ad arene e stagne si alternavano una vegetazione palustre e non discoraggiati dalla infelicità delle prime riuscite le acque spaglianti aggiunarono in cannavano le correnti e per un labirinto di rigaioli le condussero a irrigare i fondi e deporvi il terriccio lasciarono crescere foreste là dove giovasse, disboscarono le pendici sulla tie e dove prima cracitava la rana e saltellava il grillo estesero lunghissimi filari di pioppi e salici al basso, di viti, di frutti, di gelsi in poggio alle campagne silice e calcare argillose chiesero il frumento, il granoturco, l'america, il miso, il lino i prati disposero in modo da averne fino a sette tagli di fieno con i quali alimentarono le giovenche generose di latte e di formaggi mentre sotto le acque fecero crescere la cannava e il riso un'occhiata in giro e vi parrà a vedere un immenso giardino coltivato con quell'arte che s'asconde come negli inglesi e con una vegetazione variatissima, là lontani crivi inghirlandati di pampani, qua fruttetti e ortaglie poi il verde perenne nei prati ammarcita, la succosa verdura dei gelsi in contrasto con l'argentina dei salici e con la trevola del pioppo piramidale. Solo a Lembo fra Borea e Occidente uno stierilume aspetta nuovi trionfi dell'industria umana. Dappertutto poi è la frequenza di vise, di case, di borgate congiunte da inestricabile rete di strade che recapitavano a questa città dove più di 300.000 persone operavano e soffrono, godono, sospirano senza forse sapere l'una dell'altra. La provincia occupa 2.992 chilometri quadrati con una frontiera di 825 chilometri in cui i metri 367.286 di strade pubbliche e di quelle comunali e un milione di abitanti. Quest'ansia città, questa circostante ubertà, queste artificiose comunicazioni ci furono dunque tramandate dai padri nostri, quei padri che troppo leggermente deridiamo come Baggiani, come Ambrosiani mentre dovremmo ringraziarli dei tanti benefici, ricambiarli col prepararne altrettanti ai nostri nipoti studiarne la storia, storia di coraggio che induce alla perseveranza, nella persuasione che l'albero piantato oggi tarderà molti anni ma pure fiorirà e fortificherà. È una storia di consolazione che ci mostra come i secoli dei nostri padri non furono migliori dei nostri e in conseguenza ci insegna di non invicarda rassegnazione a mali cresciuti e creduti irremovibili ma a sopportare vivimente le proprie educatrici e i patimenti rigeneratori. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org

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