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Transcription

This transcription is a collection of expressions and sayings in the vernacular language, focusing on various animals. The narrator describes their grandparents and their unique personalities. The grandmother is a practical and skilled cook who loves receiving compliments. The grandfather is a philosopher who often falls asleep after meals but is always ready to resume his work. The grandmother has various colorful expressions, such as "Dio te peluca!" (an exclamation of frustration) and "Va a Baggio a suonà l'orgen!" (a phrase to dismiss someone). The grandmother also uses animal-related expressions, such as "una niada di api" (a brood of bees) to describe energetic grandchildren. Overall, the transcription explores the use of animal metaphors in vernacular language. www.redigio.it e la storia continua www.redigio.it www.redigio.it www.redigio.it Il bestiario nel vernacolo Nonno Ottorino, un filosofo con la testa sempre tra le nuvole, era l'opposto della nonna, donna pratica e con i piedi per terra. Lei, ottima cuoca, ci teneva come tutti quelli che amano cucinare e a ricevere complimenti. Una volta chiese al nonno, dopo avergli preparato una tettanza succulenta, «Allora, allora, Ottorino, ti è piaciuto il pranzo?» «Buono, buono, cosa abbiamo mangiato?» Dopo i pasti, il nonno sedeva volentieri in poltrona e immediatamente si addormentava. Il petto veniva tanto dopo il pasto del mezzogiorno che alla sera. Lui dormiva una decina di minuti, dopodiché era pronto a riprendere il suo lavoro e la notte rettava allo scrittoio dove riempiva grandi foglie della sua scrittura obliqua, purtroppo illeggibile, e con un pennino Michel che intingeva in un calamaio di vetro. Erano certe o interessanti considerazioni filosofiche, quello che scriveva, ma che dopo la sua morte nessuno riuscì a decifrare. Quando la nonna lo vedeva accomodarsi per un pisolino, lei che non aveva il sonno facile, gli diceva quasi costinta, «Ecco, tu tiri la cordetta e dormi!» E infatti il nonno si addormentava immediatamente e dieci minuti dopo era più fresco di prima. Un'altra tipica espressione della nonna in questo caso era «Hai fatto un sonnuzio di pulce!» Il sonnerino della pulce, un'espressione che mi incantava per la sua immagine tanto viva. A questo proposito ho uno spiacevole ricordo, parlando di pulci, che in quel tempo erano ancora insetti comuni. Infatti, andando al cinema, ci si poteva essere certi di ritornare a casa ospitandone uno. Ma anche nel vernacolo questi fastidiosi apteri fanno capolino nel detto «Tutti i puras agar latus» «Tutti le pulci hanno la tosse» Un'espressione usata per riprendere i bambini o i giovani saputelli. Mia nonna si spazientiva sovente con il nonno che prendeva tutto con olimpica calma. A volte, quando questo la faceva uscire dai cangri, la sentite scalamare «Dio te peluca!» E in momento di particolare vemenza «Dio te peluca a macchina!» La nonna Corradina aveva un carattere vivace, tanto che mio padre le aveva affibbiato il nominio di Donna Pepe. Tra le sue molte colorite inventive ricordo «Vaccia paerat!» e in caso di fortissima irritazione aggiungeva «Cun la cua grisa!» Un'altra maniera piuttosto energica di mandare qualcuno a farsi benedire era e credo che i pochi milanesi superstiti ne facciano ancora uno «Va a unges!» letteralmente «Vai a ungeti!» e sospetto che con questa unzione si intendesse proprio quella estrema. Se una persona era particolarmente fastidiosa e colerica di lui diceva che «Li ale un rostre!» ora forzativo «Un rostre de quin!» e al superlativo «Le propi un cras de rostre!» Se invece voleva mandare qualcuno a quel paese usava la celeberrima espressione milanese «Va a Baggio a suonà l'orgen!» riferendosi a ciò che forse ormai solo pochi milanesi sanno e cioè al fatto che nel comune di Baggio allora un paesino povero fuori città che oggi fa parte della stessa Milano in chiesa per mancanza di fondi l'organo era stato dipinto sulla parete. Quando invece era particolarmente soddisfatta di qualcosa la sua espressione favorita era «Sonno contenta come se avessi fatto un'anniata da razza!» E' chiaro che nei secoli passati i rat, i topi milanese mentre i rati si chiamano pantegane in genere sono numerosi e infatti li si trovano in parecchi detti ed espressioni. Un appellativo affettuoso per un bambino era e forse ancora «Un meratin!» Ritroviamo questi logitori nella curiosa espressione «Agadit adre la corona di rat» letteralmente «il rosario dei topi» per significare una serie di impropri anche il verbo «ratela» che significa «reclamare» ne pare avea origini zoologiche come sopra. Quando invece la nonna doveva occuparsi di diversi nipotini vivaci diceva «Aguchi una niada de avi» «una nidiata di api» altri animali sono che ancora si incontrano nel linguaggio popolare traslati in maniera curiosa ad esempio le quaglie. Se sentite parlare un milanese del quaglia state sicuri che intendete il portafoglio Quando la nonna mi vedeva con un giacchino leggero e svolatante mi diceva «Ma che bel chapacuai!» In questo bestiario del vernacolo curiosamente non c'è molto spazio per il gatto. Di un affare di difficile compimento si dice «Ageci il gat» che non corrisponde affatto all'italiano «gatta cicova» che contiene invece un elemento d'intrigo ma un altro di questi felini si è intruforato nel nostro lessico familiare venendo dalla Toscana. Mio padre usava spesso il modo di dire di sua madre per significare «una inutile complicazione» «Quello va a cercare cinque piedi al gatto per trovarne quattro» Invece, per tornare i pennuti la gallina vi ha un posto d'onore. Infatti veniva detto di uno che ci ubriacava «Le andà in gaina» e se era veramente partito «Lei ciuc me una pita» Questo detto si ricollega a un uso molto curioso della campagna quando si voleva salvare una covata di pulcini e non c'era disponibile una pioccia i contadini usavano invecare del pane bagnato nel vino a un cappone e quando questo si incamminava ciondolando gli legavano un campanellino a una zampa così il cappone se ne andava per laia trascinando dietro i pulcini. Altro detto comune e sempre sul polame «Aperà la gaina senza faracrià» anche l'oca che ha gli onori del diretto con il classico «Andà in oca» cioè dimenticasse di qualcosa e con l'appellativo di «oca badessa» per una persona molto sbadata. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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