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Bonvesin della Riva was a grammar teacher, a friar, and a songwriter who lived in Legnano in the 13th century. He assimilated some dialect words from the Milanese language during his long stay in Legnano. Many of the words he used in his literary works have similarities with the Legnano dialect. Some examples include "cuisal" and "cuisà", "boconar" and "boconà", "stramis" and "impaurisi", and "cigera" and "la nebbia". Bonvesin's works also include dialect words for various foods and spices. In a dialogue between two characters, the importance of both beauty and character is discussed. The translation of the dialogue highlights the beauty and nobility of both characters, showing that even though one may be smaller, they still possess great value. www.redigio.it e la storia continua Il dialetto legnonese e Bonvesin della Riva Nel quadro degli stretti rapporti tra la capitale Lombarda e Legnano si colloca nel secolo XIII l'arrivo di Bonvesin della Riva in questa ultima città. Maestro di grammatica, frate dell'ordine degli umiliati e, stando all'epicafio sulla sua tomba, cantautore, cioè costruttore di un ospitale a Punta Legnano, il ben noto ospizio Sant'Erasmo. Ma l'importanza di questo personaggio sta soprattutto nelle sue opere letterarie, tra le prime scritte in lingua volgare. La sua lunga permanenza a Legnano, lui stesso comincia con uno dei famosi testi, le 50 costesie da tavola, affermando «Fra Bonvesin della Riva che sta in Borga da Legnano». Quindi la sua lunga permanenza a Legnano deve avere influenzato il religioso ad assimilare alcuni vocaboli volgari attinti dalla parlata rustica del contato milanese. Nelle composizioni poetiche e nei saggi di prosa in genere, ma specialmente quel trattato citato nel De Magnalibus Mediolani, «Le meraviglie di Milano», troviamo, tra i vocaboli usati da Bonvesin in volgare, molte voci che conservano affinità con i corrispondenti termini dialettali legnanesi, che qui esanchiamo. Il primo vocabolo è quello antico di Bonvesin e il secondo quello della voce legnanese. «Cuisal», «cuisà», «boconar», «boconà», «stramis», impaurisi, «stramis», «cigera», la nebbia, «cigera», «ferguie», le briciole, i frangui, «nagota», che sarebbe niente, «nagota». «La scuola», «la scudella», «i quales», il caol, «le cattucas», della giuga, «spinàs», «spinàs», «fenoci», «finoggi». «Faxeolorum», il fagiolo, «lentium», l'antichi, «ulceller», «alium», «lae», «baxalicum», basilico, «olivarum», l'olivi, «lauri», che serve in lauro, «laur». «Petronselinum», il prezzemolo, «l'erborin», in altre zone della Lombardia, il prezzemolo, che era chiamato in modo analogo al termine usato nel nostro, quello del nostro monaco. «Predese» o «pedersen», «i pegor», la pegora, «l'ac', l'aci», «butirum» o «buter», «cereza» e «scirese», «cereza» che, come vedete, indistingue da «agar» o «dolce», in inglese «agar» o «dolce». «La pruna», la prugna, «la poma», il pombo, «morona», la mura, «ficus», figo, «persica», il persica, «reuve», la uga. I BOMBESTINI DELLA RIVA «Nessun odorifera è più cortese e buono, dunque sono io più degno del luxe e della corona». In contra queste parole risponde la Violetta. «Nessun per quel men buona, anche sia io picinetta. Ben può star gran tesoro in picenina archetta. Quanta alla mia persona ben son ulente e netta». La traduzione è «Contro la viola, la rosa, così parla l'altavoce e dice. Io sono più bella e più grande nella persona. Io son più profumata e più nobile e buona. Dunque sono io più degna di lode e di corona». Ma contro queste parole risponde la Violetta. «Non sono per questo meno buona, anche se io sia piccolina. Ben può stare un grande tesoro in un piccolo scrigno. Quanto alla mia persona, son ben profumata e pulita».