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www.redigio.it E la storia continua. Il Beato Leone d'Apergo, un francescano, arcivescovo di Milano, è stato arcivescovo dal 1241 al 1257. Secondo la tradizione, Leone d'Apergo sarebbe stato un giovane della novità milanese molto costruito e assai ricco, che vendette le sue possessioni e distribuì ricavate ai poveri, recandosi poi ad Assisi per essere ammesso all'ordine francescano dallo stesso San Francesco, che in seguito lo disegnò superiore della comunità minoritica milanese da poco istituita. Attorno al 1230 acquistò grande fama di predicatore e confutatore di eretici. Salim venne da Adam, così lo qualificava. Fu famoso e solenne predicatore e grande persecutore degli eretici. Leone si recò a Roma con Sant'Antonio da Padova, da Papa Gregorio IX, per ottenere un suo pronunciamento su alcuni punti controversi della regola, sui quali frati non erano riusciti a trovare un accordo. Tra il 1232 e il 1234 stese gli statuti contro le sette nefande ereticali e diede impulso alle pubbliche processioni dette della leuria, con cantici di fede seguite dalle prediche. Da quanto esposto, si può affermare che Leone fosse un esponente di primo piano nell'ordine francescano e successivamente ebbe la carica di ministro provinciale lasciata da Sant'Antonio. È comprensibile che alla morte dell'arcivescovo di Milano, Guglielmo di Rizzolio, nel 1241, suo successore fosse Leone da Perego. Nei due decenni del Vescovado di Leone da Perego a Milano si ebbero una serie di iniziative sia arcivescovili che papali a favore dei francescani e dominicani, che ottennero donazioni e conferme di privilegi e la concessione di edificare nuove chiese. Inoltre egli rivolse una tentatività per la difesa delle libertà ecclesiastiche e contro il clero concubinario. Alla fine della guerra contro Federico II, condotta assieme all'amico Gregorio di Montelongo, a Milano ripresero gli scontri delle fazioni. Il Partito Popolare si strinse intorno alla famiglia della Torre e i nobili attorno a Leone da Perego. Coinvolto così nelle lotte di parte, l'arcivescovo ne subì dolorosamente le conseguenze che funestarono i suoi ultimi anni di vita. E nel 1253 l'arcivescovo Leone da Perego, con molti patristi milanesi e diversi frati dominicani, si portarono a Perugia per implorare dal Papa Innocenzo IV la beatificazione del martire Pietro da Verona, concesso il 25 marzo dello stesso anno. Leone da Perego, costretto ad abbandonare Milano, attaccato dalle famiglie di parte popolare che volevo dimettere loro esponenti nel credo ordinario milanese, lasciò la sua sede per l'ultima volta agli inizi del 1257 e morì a Legnano, esule, bandito e Ivi sepolto. La tradizione francescana lo annovera tra i propri ideati. Oggi abbiamo la possibilità di poter conoscere con più attentibilità il periodo del Vescovado di Leone da Perego, grazie allo studio sui 180 documenti, eseguito studio da Maria Franca Baroni e pubblicato negli Atti dell'Arcivescovo e della Curia di Milano nel secolo XIII. Leone da Perego, 1241-1257 Riporto alcune notizie tratte dei documenti. Il suo intervento diretto si traduce nelle littere, delle quali si qualifica sempre come frate minore. Arcivescovo della Chiesa milanese, divina patentia, espressione usata solo da lui, aggiunge poi il nome di San Francesco dopo quello del patrono Ambrogio. Concede indulgenza a coloro che si fossero recati ad ascoltare la predicazione nella Chiesa di San Francesco a Milano. Nel documento del 1250, il Vescovo mostra la sua intransigenza nei confronti del disordine e delle intemperanze del credo, e li richiama a rigore dando precise disposizioni. L'obbligo di residenza, la cura delle anime, il divieto del gioco d'azzardo e imponeva l'uso di un abbovviamento severo. Disposizioni anche contro le autorità dal favorire gli eretici. Comunito sotto pena discomunica. Sono rivolti a Podestà di Milano e alle parti politiche affinché si astengano dal danneggiare i diritti e le libertà ecclesiastiche. E l'epoca di San Francesco? Negli anni precedenti alla rivoluzione spirituale del francescanesimo, fra il Bioforte della Chiesa e dell'Impero comparve il Comune con i cittadini che lavoravano, producevano, trafficavano, sostituendo la vecchia economia terriera, quella monetaria, dando così un ritmo più dinamico allo sviluppo delle piccole industrie e del commercio. Questo rinnovamento sociale ed economico portò a un fenomeno imprevedibile. La voce della religione cominciò a essere meno ascoltata in quanto il mondo si metteva in camino e il monaco restava fermo nel suo monastero. Il complicarsi della vita e l'acquirsi della sensibilità favorirono il formarsi di moti spirituali che facilmente sconfinavano nell'eresia. I portabagniera di questo rinnovamento erano i catari, patarini e infantesi. I tempi erano maturi per la comparsa di un rinnovatore, di un rivoluzionario che predicasse la rinuncia e l'umiltà. E fu in questo clima che presero la forma e si svilupparono la loro travolgente azione purificatrice, il Domenicanesimo e il Francescanesimo, la dottrina dell'amore e della povertà. Il protagonista di questa rivoluzione fu San Francesco d'Assisi, che a distanza di secoli mantiene ancora primato nella classifica dei Santi più famosi. Nacque tra 1181 e 1182 da una famiglia benestante. Quando ebbe la vocazione, abbandonò i suoi averi e si portò a una vita di povertà. L'istanto, dubbioso sui compiti affidati da Dio, fa interrogare Santa Chiara e Frate Silvestro per conoscere se il suo compito fosse soltanto la preghiera nella solitudine o anche piuttosto la predicazione, la diffusione dell'ordine e la conversione degli infedeli. La risposta fu che il suo compito era di predicare, convertire e vivere tra gli altri e per gli altri. Soltanto in questo modo Francesco avrebbe potuto trasformare la sua mistica solipsistica in mistica sociale e salutare, ed è ciò che fece. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org