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The speaker discusses his experiences growing up in Italy from 1940 to 1970. He talks about the repression and fear he felt as a teenager, the lack of discussion in his family, and the importance of gathering in the neighborhood courtyard. He also mentions the changes brought about by the war and the introduction of television, which provided a cultural and educational outlet for people. He highlights the impact of television on breaking down social connections and traditions, as people began to spend more time watching TV at home. Despite its flaws, the speaker believes that television has improved over time and allows for greater communication and awareness of events. Storie degli indianesi e la vita del cortile dal 1940 al 1970. Io ero terrorizzato da mio padre a non andare all'oratorio, ecco la repressione, perché avevo già 14-15 anni e non discutevo col papà e io avevo paura perché se non andavo le prendevo. Nella mia famiglia la discussione non c'era anche su altri argomenti. A 18 anni quando andavo a casa a una certa ora trovavo la porta chiusa, allora c'era anche meno svago ed era più facile che si restasse in casa. Prima della guerra ci trovavamo sull'angolo della trattoria con i miei genitori, magari 20 o 30 giovani, a parlare e stavamo lì tutta la sera. In via Bramante nel cortile dei Rampinini dopo la guerra ci radunavamo tutti lì in estate perché c'era l'ombra sotto due grandi muroni, che sarebbero i gelsi. Finito di mangiare correvo subito là per giocare, parlare, raccontare brasilette, c'era molta comunicazione e solidarietà. Eppure se moriva il proprietario di un cortile, subito i figli si mettevano a litigare per le eredità, facevano causa magari per il gelso, un gabinetto. Per un piccolo interesse si scannavano, anche perché il bisogno li spingeva a litigare. Un gelso poteva portare alla vita, perché la vita era molto dura. Eppure trovavamo il modo di divertirci. Durante il fascismo venivano trasmesse per lo più canzonette, rabagliati, ma quelle cose lì, canzonette che non valevano nulla, Acqua di Rosa, Amore, come non valeva nulla la lettura, la diala con l'aviatore, il Principe Azzurro. Non c'era cultura. Finita la guerra le cose sono cambiate. Io andavo sempre al cinema, che erano sempre pieni, perché venivano trasmessi film sui partigiani, sul neorealismo di De Sica. Poi quando è venuta la televisione, il programma più seguito era La Sola Doppia, che per me è sempre stato un fatto culturale. Certe domande di geografia, di storia, non erano stupide. Era un programma istruttivo, perché la gente che seguiva veniva a sapere certe cose che prima non conosceva. Anche se basata sui premi, per me era istruttiva. A Gattinara, prima che a casa mia mettessero la televisione, al giovedì, c'era La Sola Doppia. C'era una fiumagna di gente che andava nelle case di altre famiglie a vedere Maggi Buongiorno. Magari erano i venti o trenta in ogni casa a guardare la televisione, ma per me era un fatto culturale. La Sola Doppia era il programma più visto, che ha avuto un successo mai visto. E poi venivano i programmi sportivi. Più tardi sono venuti i film americani, le riviste che hanno avuto anche queste cose di gran successo. Allora non ti facevano vedere neanche un teatro o uno spettacolo culturale. Dopo, nel 1964 o 65, cominciavano a far vedere qualcosa di diverso, come ad esempio i Giacobini della rivoluzione francese, che poi ha fatto sì che vendessero centomila copie del libro. Ecco la funzione che ci ha la televisione. Se fai vedere qualcosa è interessante. Invece, prima, era tutta l'acqua di rose, la Vendosias. Oggi per me la televisione è migliorata. Con tutti i suoi difetti, però, vedi certe cose che prima non si vedevano. Fermo un attimo. Prima era un elite che andava alla scala. Poi con la televisione anche quegli spettacoli sono diventati di massa. E la gente ha cominciato a partecipare agli spettacoli. Alla Tosi eravamo 300 abbonati che andavano al piccolo teatro. Anche nella lettura, la biblioteca della Tosi, in cui sono state per vari anni consiglieri, era molto frequentata e c'era una scelta. Soprattutto i romanzi sociali, come quelli di London, di Cronin, oppure di Edward Cast, come Spartaco, sono andati molto. E se hanno letto queste cose, culturamente, si sono levati. La televisione permetteva una comunicazione diretta tra la gente e gli avvenimenti. La radio non mi attraeva in quel modo lì. La sentivo, però non mi dava la possibilità di vedere la figura. Io mi trovo in una casa tranquilla, posso vedere, magari, anche per tigrizia, qualsiasi cosa, anche le sciocchezze. Io nel mio ufficio ogni tanto discutevo di quanto programma televisivo. Ma in molti, soprattutto tra gli operai, c'era la tendenza a vedere sciocchezze evasive. Veniamo già fuori stanchi, è meglio qualcosa di leggero che ti faccia ridere e non ti faccia pensare. Ed era dalla televisione, dall'altro, c'era penetrato questo per far ragionare così la gente. Prima che ci fosse la televisione, io andavo ogni tanto alle case della S.A.M., in via 20 Settembre, dove c'era il Cipri, un Sciratu e altri compagni. Andavo lì alla sera e li trovavo tutti lì fuori seduti. Una famiglia che parlava con l'altra. Sono andato anche pochi anni fa e non ho trovato più nessuno, perché stavano lì in momento e poi si chiusero in casa a vedere la televisione. La televisione ha avuto la funzione di rompere quei rapporti umani che c'erano nei cortili, li ha distrutti completamente. Così che oggi ognuno fa la sua vita nella sua casa. Dalle otto comincia a telegiornale, fino alle undici o mezzanotte. E' così. Si sono perse anche quelle vecchie tradizioni. Nel cortile della S.A.M. c'era il falò di Sant'Antonio. Al diciotto gennaio tutta la gente si trovava a fare per raccogliere la legna che poi veniva incendiata. Dopo i programmi televisivi non si discuteva di altro, ma magari il giorno dopo sul lavoro c'era qualcuno che cominciava. Ehi, hai sentito quello là che ha risposto male? E veniva fuori la discussione sulla scena doppia. Noi eravamo poi abbastanza acritici, non riusciamo a capire ciò che stava dietro a quelle cose che vedevamo. Assorbevamo tutto. Però alcune cose non le accettavo. E poi era uno stimolo per discutere. Da 1953, quando è caduta Dien Bien Vu, che noi comunisti abbiamo subito stampato il nuovo nome Andien Bien Vu, non andiamo più bene, allora in televisione Scelva parlava sempre del baluardo della civiltà occidentale. Le barbarie comuniste venivano fermate e Dien Bien Vu e poi nelle fabbriche si discuteva di queste cose. Prima uno leggeva il giornale, ed erano pochissimi quelli che lo leggevano, ma poi la televisione portava dappertutto la notizia. Tutti potevano sapere che cosa succedeva, anche se era di parte. Io la televisione l'ho comprata nel 1962, ma la guardavo poco. Guardavo il telegiornale e le tribune politiche, qualche opera teatrale, oppure un bel film.