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RediGio.it e la storia continua La boggia perà Negli anni trenta toccava alle mamme fare le parrucchiere di famiglia Tagliavano le chiome ai loro figli, ma è forse meglio dire che si arrangiavano a tagliare i capelli alla prole Pitaevano i cavelli con la tassina Mettevano in testa ai figlioli la tassina sul latte e caffè per non fare qualche zaff o per mantenere il taglio uniforme e lineare Era per risparmiare i danelli e i dulbarbè, ma era un bel risparmiare per chi aveva famiglia numerosa E tante donne, che oltre alla famiglia avevano la cugira alla stalla, dovevano lavorare la campagna e costruire l'orto, non avevano il tempo di gingillarsi Non si preoccupavano degli strilli dei marmocchi offesi e con mano svelta e capace gli facevano addirittura la boggia o la macchinetta senza un briciolo di pietà Li tagliavano a ranzaterra Lasciavano il cuoio capelluto quasi scoperto, privo di capelli Tempo risparmiato perché a ricrescere la zanzara impiegava più tempo «Stai sicuro», ricordava la mamma, che aveva un'anca parivalente di fio «Stai sicuro che la zucca la respira, tu sai bene, e te ne snoi più oggi di tutto» Le bambine lasciavano crescere le trecce, no, il cuoio da cavallo Così gli interventi delle barbiereste, oltre ad essere molto più rari, erano anche più facili «Guarda, cavione, che è pieno di cavalli, quanta lana c'è la stagione intera» Noi bambocci guardavamo con ramarico e con rimpianto i neri fili recisi che giacevano sul pavimento E vedevamo già le nostre amichezze scherzarsi con la lingua lunga di fuori Se la sviniavano subito per paura di rappresaglie, ma andandosene, cantavano, ritevano Ritendo la filastrocca del «Boh già perà, la fai sul tei» Redijo.it E la storia continua Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org