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QGLN1033-Antiche-provinciali-13

QGLN1033-Antiche-provinciali-13

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redigio.it/dati2511/QGLN1033-Antiche-provinciali-13.mp3 - Antiche provinciali: - Antiche strade provinciali: S.P.32 - Laveno Mombello - Travedona Monate (km 13) - detta "due pievi" - 10,25 - - AUDIO -

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Questa è una carta provinciale del Ducato di Milano dove si vedono espresse le situazioni dei suoi rispettivi confini, delle pievi annesse, squadre riviere, corti, valli, col Principato di Varese e le sue giurisdizioni, e si trova nell'archivio di Stato di Parma, fondo delle mappe e disegni. È probabile che Brebbia sia stata scelta come capo piego in virtù del suo glorioso passato in epoca romana, forse sede di un distretto amministrativo militare per la felice ubicazione geografica, ma fu certamente anche uno dei primi centri di evangelizzazione dell'intera zona. Una leggenda, databile intorno al V secolo, vuole che la sua chiesa, matrice, sia stata fondata da San Giulio e da San Giuliano, suo fratello, durante la loro opera di evangelizzazione nelle terre del Lago di Maggiore. Si narra che durante la costruzione della chiesa, nel villaggio di Brebbia, un carpentiere si amputò il pollice della mano. Per il gran dolore e per la sua forte emorregia, il poveretto cadde a terra svenuto. Il fatto venne riferito a San Giulio. Subito gli ordinò che gli venisse portato il pollice amputato, e davanti a tutto il popolo lo applicò la mano del povero carpentiere. Fece un segno la croce e le sue carni furono risanate. L'attestazione dell'esistenza della pieve di Brebbia risale all'anno 999. Per lungo tempo ai presbiteri venne affidata la cura delle anime, nelle zone periferiche della pieve, presso le varie chiese al distretto. E sebbene i sacramenti, fra cui principalmente il battesimo, continuassero a essere amministrati solo presso la sede pievana, e con la nascita delle parrocchie, intorno al XIII-XIV secolo, i presbiteri cominciarono a trasferirsi presso le singole chiese delle comunità. Nel corso del XV secolo Brebbia cominciò a perdere quella importanza che l'aveva fatto meritare il titolo di capopieve. La progressiva decadenza economica determinò anche l'allontanamento dei canodici residenti nel territorio circostante, così che in occasione della visita di San Carlo Borromeo del 5 ottobre 1574 venne deciso il trasferimento della sede pievana da Brebbia a Besozzo. Il decreto di trasferimento parla di Brebbia come di un luogo deserto e paludoso, scarsamente abitato, contando solo circa 40 famiglie, tutte rurali e agresti, per cui pochi possono presenziare gli uffici sacri che perdono quindi di rilevanza e devozione. La sede della pieve venne quindi trasferita alla chiesa di Santiburzio e Alessandro di Besozzo, sicuramente a partire dell'anno 1603. Altrettanto antica e gloriosa è la pieve di Leggiuno, che ebbe la sua chiesa matrice in Santo Stefano. Vasto il territorio pievano comprende la comunità di Arolo, Bosco con Marsano, Chirate e Ballarate, Celina, Cerro con Ceresolo, Laveno, Leggiuno, Monbello e Sangiano, e sempre secondo la Carta Provinciale del Ducato di Milano sopra citato. La prepositurale di Santo Stefano venne citata per la prima volta dall'istrumento del 22 settembre 846, con il quale il vassallo del re lotario Eremberto, che aveva possedimenti in Leggiuno, rega molti beni alla chiesa del Santissimo Primo e Feliciano, da cui fondata, e quindi vengono conferiti i titoli di plebana, ossia matrice o battesimale. Su tale base l'istituzione della pieve di Leggiuno e l'edificazione della prepositurale si collocano in un'epoca antecedente la costruzione della chiesa dei Santi Primo e Feliciano. Tale ipotesi è suffragata da un'ampia documentazione di epoca posteriore, con espliciti richiami all'antichità delle sue origini e alla sua importanza in epoca medievale. Secondo quanto afferma lo storico e sacerdote Goffredo da Bussero nel suo Liber notizia Santoro Mediolani, alla fine del XIII secolo 28 chiese e 22 altari dipendevano dalla chiesa plebana di Leggiuno. Da questo momento scarse sono le notizie sulla chiesa prepositurale, se si eccettano i decreti emanati dopo la visita pastorale del 1604 del Cardinal Federico Borromeo, successore di San Carlo. Secondo documenti costruiti nell'ascrivio storico 12 anni Milano e in quello parrocchiale di Leggiuno, la pieve di Leggiuno fu visitata nel 1574 da San Carlo Borromeo, che la trovò in condizioni assai precarie, al punto che in occasione di una successiva visita, sette anni dopo, ordinò che venisse restaurata. Purtroppo le condizioni in cui versava la popolazione in quel periodo non le permisero, indebolita come era da carestie e persilence, il suo successore Federico Borromeo visitò nuovamente la pieve nel 1604 e impartì precise disposizioni al prevosto Pietro Francesco Cairato perché provvedesse immediatamente al restauro, invitandola a utilizzare per i lavori di costruzione e ampliamento le macevie di altre chiese del territorio già rilocate e irrecuperabili. L'inizio della fabbrica della nuova chiesa è datato 1620 e la comparsa di una nuova epidemia di peste e la difficoltà di reperire i fondi per acquistare materiale e pagare la manodopera rallentarono la prosecuzione dei lavori. La pieve, che aveva avuto una notevole ascesa, cominciò a quell'epoca la lenta fase di declino. La fabbrica riprese nel 1632, ma il nuovo edificio venne ottimato solo tra il 1650 e il 1670. La cronaca delle successive visite pastorali non accenna i risultati ottenuti, ma si limita a biasimare lo stato di degrado di alcune superlettre di chiesa conservate nella prepositurale. La pieve fu trasferita da Leggiuno all'Aveno nel 1969. www.redigio.it E la storia continua. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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