Francesco Borromini, a historical drama by Gabriele Alberto Quadri, depicts the story of Francesco Borromini, a knight who is being interrogated about an incident that left him wounded. He explains how he was injured and reveals his thoughts of self-harm. Borromini reflects on his architectural designs and the impact they have had on Rome. He contemplates the importance of imagination and the purification of fire. Borromini's nephew, Bernardo, visits him and they discuss his future plans to marry Lucia, the daughter of a woman named Maderno.
Hrvatska La Rete 2 della Radio Svizzera presenta Francesco Borromini, dramma storico di Gabriele Alberto Quadri Il nome di Dio e della giustizia, siete voi il cavaliere Francesco Borromini di cui si chiacchiera tanto? Rispondete. Signoria, come ben vede sono io in persona, ma per grazia di Dio sul letto di morte. L'eccellentissimo giudice criminale Don Carlo Antonio Nerocci e io suo scrivano siamo venuti in questa vostra abitazione per interrogarvi. Ci risulta infatti che il chirurgo Sebastiano Molinari vi abbia medicato stamane martedĂŹ 2 agosto 1667 per una profonda ferita di spada che vi ha forato il rene sinistro.
E che disgraziatamente mi lascia ancora qui in fin di vita. Vogliate degnarvi di rispondere con precisione alle nostre domande. Da quando e per quale accidente vi trovate in tale triste condizione? Come vi Ăš potuto capitare tutto ciĂČ? Rispondete. Mi ritrovo cosĂŹ ferito da questa mattina dall'otto ore e mezza in qua. Ritrovandomi ammalato dal giorno della Maddalena che non sono piĂč uscito eccetto sabato e domenica che andai a San Giovanni a pigliare il giubileo. Perdurando la mia indisposizione ier sera mi venne in pensiero di far testamento e scriverlo di mia propria mano.
Incominciai a scriverlo che mi ci trattenne da un'ora in circa dopo che ebbi cenato scrivendolo corto calabis sino alle tre ore della notte. Maestro Francesco Massari che Ăš un giovane che mi serve qui in casa ed Ăš capomastro della fabbrica di San Giovanni dei Fiorentini della quale io sono architetto se ne stava a dormire in quest'altra stanza per mia custodia. E si era giĂ coricato ma sentendo che io stavo ancora scrivendo e avendo veduto che non avevo spento il lume mi chiamĂČ con dire signor cavaliere Ăš meglio che vos signoria spenga il lume e si riposi perchĂ© Ăš tardi e il medico vuole che vos signoria si riposi.
E vos signoria che gli rispose? Gli rispose come avrei fatto io a riaccendere il lume se mi fosse svegliato ma Francesco mi replicĂČ spegnetelo che l'accenderĂČ io quando vos signoria si sarĂ risvegliata. E cosĂŹ cessai di scrivere misi da parte la carta scritta il toccalapis con il quale scrivevo e mi misi a riposare. Che faceste in seguito? Riferite pure i fatti con la dovuta precisione che abbiamo tempo. Verso le 5 o 6 ore circa essendo mi svegliato ho chiamato subito Francesco e gli ho detto che era ora di accendere il lume ma questi mi rispose con un secco signor no.
Avendo io ben sentito la risposta mi Ăš entrata indosso l'impazienza subito che ho cominciato a pensare come avrei potuto in qualche modo farvel male alla mia persona e in questa opinione sono stato sino all'8 ore e mezza in circa. Chiedeste ancora al vostro bravo giovane di riaccendere il lume? Che cosa accade in seguito? No signori ma finalmente mi ricordai che avevo la spada qui in camera a capo del letto appesa a queste candele benedette essendomi anche cresciuta l'impazienza di non avere il lume disperato ho preso la spada l'ho sfoderata ho appuntato il manico nel letto e la punta nel mio fianco e poi mi son buttato sopra di essa.
La forza dell'arma cosÏ da me provocata perché mi entrasse nel corpo mi ha passato da parte a parte ma nel buttarmi sopra la spada son caduto con il ferro ancora in corpo qua sul mattonato e ferito ho cominciato a strillare. Chiedendo aiuto supponiamo chi venne allora qui da voi? Allora Ú corso qui Francesco e ha aperto la finestra che già si vedeva il sole e mi ha trovato boccone sul mattonato ha subito chiamato aiuto lui stesso e alcuni suoi amici mi hanno levato la spada dal fianco mi hanno rimesso a letto e chiamato il chirurgo.
Chirurgo Ăš tentato di uccidervi rispondete cavaliere essendomi venuto come giĂ ho detto quell'opinione in testa ho mantenuto saldo il proposito di farmi del male e ho pensato di farlo finito di ammazzarmi con la mia spada. CosĂŹ si sono svolti i fatti se loro signori si degnano di credermi. Scrivano leggetemi per favore quanto avete scritto che quest'interrogatorio mi sembra possa soddisfare la giustizia. Il giorno 2 agosto 1667 Sebastiano Morinari chirurgo al santo spirito ha medicato il Borromini abitante a San Giovanni dei Fiorentini per una ferita perforante ad ereia che lo ha messo in pericolo di vita.
Cavaliere non lasciatevi abbattere da questa caldana d'agosto vi ho portato dell'acqua fresca. Acqua? Datemi del fuoco piuttosto perché possa farla finita. Non parlate cosÏ che vi fate torto anche il chirurgo vi ha raccomandato. Ho già detto che alla mia età queste febbre si curano soltanto col fuoco non l'avete mai osservato come tutto pieno di vita quando guizza e divampa su per il cammino. Ah si certo sarà ma io non sono che una povera ignorante e di queste cose.
Caterina ma non vi siete proprio mai resa conto di come il fuoco purifichi l'aria. Credetemi Ăš del fuoco che noi tutti abbiamo bisogno. Via datemi quegli scartafaci lĂ sopra sul tavolo da disegno che vi farĂČ vedere di che umori sono fatti. Sono vostri disegni frutto delle vostre fatiche non vorrete per caso. Sono solo disegni non ve li chiederei ma perchĂ© li consideri invece come figli che li devo assolutamente preservare da certe disgrazie. Su coraggio accendete il fuoco datevi da fare e gettateli fra le fiamme.
Mi ven male a immaginarli in certe mani sozze e grifagne. FarĂČ come vos signoria desidera ma poi i disegni i vostri progetti che tanto avete a cuore non ci saranno piĂč. Non ci saranno piĂč perchĂ© Ăš povero d'immaginazione. Vivranno invece nella luce di chi sa vedere oltre gli inganni e le illusioni di questa etĂ suicida e sfarzosa. A dire il vero quest'anno qui a Roma si respira una riaccia che fa riflettarci tutti e forse l'idea di purificarla col fuoco.
L'aria che ci attossica e che ci ammorba tutti. Fuoco fate fuoco che certi lupi rapaci li ho ben conosciuti in gioventĂč. Non mi dispiace di aver lasciato far loro tutto il guadagno al contrario. Mi rattresta bensĂŹ il fatto che ancora oggi si godano l'onor delle mie fatiche. Ecco, con poche fiammate non ci sarĂ piĂč nulla dei vostri figli. Ma e se anche questi sono tanto belli come il vostro San Carlino o San Giovanni il Laterano o tanto arditi come quelli che disegnaste per Santivo della Sapienza.
Quante meraviglie buttate nel fuoco, divorate dalle fiamme, io non capisco. Lasciate perdere Caterina, Lateretani affidateli alle fiamme. Non erano che pochi progetti fantastici inventati per mio gusto. Fabbriche di capriccio per ammazzare il tempo. Che capriccio capriccio per ammazzare il tempo, per genio cavaliere. Perché voi siete uno di quei pochi geni che ci sono ancora restati. Sapete, qui a Roma la povera gente come lei vi stima e vi stimerà sempre per quel grande architetto che voi siete.
Cacete, Caterina. Che la grandezza si paga e si paga caro. Vegliate anzi che una volta morto non ci siano lapidi alla mia memoria. PerchĂ© di questi capricci i potenti amano rimpinsarsi le coscienze. Senza i vostri capricci perĂČ la nostra Roma come sarebbe malinconica e senza un pizzico di fantasia. Forse per voi poveri diavoli sarebbe stato meglio che invece della fantasia. Della fantasia. E se fosse dato un po' piĂč di pane. Vedete che gran lume spandono dintorno i miei capricci.
Addio, figliolini di Letti. Tutto nasce dalla luce e conchiude i propri giorni. Nella luce. Le candide volute di fumo che salgono su per la cappa. Li portino per il mondo, leggeri come angioletti di luce. Puri messaggeri dell'idea. E allegratevi, i miei e i vostri nemici non potranno piĂč farsene belli. Su via, cavaliere, basta. Non seguitate piĂč a chiudervi in questo continuo giro di torbi di pensieri. Riposatevi, non date piĂč sfogo alle vostre fantasie che se poi volete bruciare anche quelle.
Addio. Non valeva proprio la pena di cavarselo di ciorvello con tanto allambicamento. Cerca solo di capire, Caterina. Di penetrare i misteri di questa nostra natura che massedie notte e giorno. Come un diavoletto inquieto e dispettoso. Raventatelo nelle fiamme, nelle profonde viscere che straforano questa nostra terra, il vostro diavoletto. Scorre fuoco tra i sotterranei meandri della terra. Fuoco nell'intimo del suo profondo cuore. Ancora fuoco che ci sovrasta oltre questo vuoto cielo d'agosto. Un continuo, incessante movimento. E ciĂČ mi affascina e mi incatena.
Mi sento sotto un tal sogno che mi sembra di morire. Ci sono tornato! Ci sono tornato, madre! Abissome! Tre anni fa. E ora posso anche morire in pace. Ma che andate di certo, cavaliere? Ecco qua. Ti ho portato le benne. E Francesco mi aiuterĂ a cambiarle. A fatto che state fermo. E non continuate ad imprecare con quel sururgo. Che poverino fa del suo meglio per alleviarvi un po' i tormenti. Non cosĂŹ! Mi fate male! No, basta! Dai, schiettami! Dai, schietti! Per di davvero sopportarvi! Guardate un po' voi il martirio che deve subire un povero vecchio.
Che sostinano a non volerlo lasciare morire in pace. Hanno bussato. Chi potrĂ mai essere a quest'ora del mattino? Chi Ăš, Caterina? Sono io, tio. La signora Maderno mi ha informato della disgrazia che mi Ăš capitata. E sono subito conosciuto. Entra, Bernardo, avvicinati. Caro nipote, che ti si possa vedere meglio. Sei un uomo fatto, ormai. Com'Ăš stato? Non capisco, sono confuso. C'Ăš poco da capire. Lo vedi? Ormai alle ore contate, mi resta ancora poco da vivere. CosĂŹ ha voluto il destino.
Anche mio fratello Domenico, tuo padre, ebbe un'esistenza travagliata e t'ha lasciato orfano troppo presto. Ma voi, tio, vi siete sempre curato di me, e come? Vi siete sacrificato per non farmi mancare nulla. Non ho per voi che affetto o riconoscenza. Grazie, figliuolo. Ma, dimmi, Ăš vero quanto ho sentito dire che ti preoccupi giĂ di prendere moglie? SĂŹ, tio, e forse un'anima che mi voglia bene da metter su famiglia l'ho trovata. Ah, e chi sarebbe? Se si puĂČ sapere.
Sai, Bernardo, non ho nulla da rimproverarti. Tu mi conosci come uno tio burbero e severo, ma certe cose le capisco. Non fare come me, che per amor della gloria ho vissuto come un cane, ma con la sola compagnia dell'arte. à Lucia, la figlia della signora Maderno. Ah, Lucia, sÏ. La vedo che a volte mi capitava sul cantiere perché le raccontassi di suo nonno, il Maderno, il grande architetto che tutta Roma aveva venerato. Che ne pensate, tio? Che idea vi siete fatta di lei? Una brava ragazza, senza dubbio.
Ma come farete senza mezzi e lei soprattutto senza doppia? Ma ci arrangeremo, qualche santo provvederĂ . L'importante Ăš volersi bene. Ah, piuttosto, tio, raccontate anche a me del Maderno, vi prego. Quando veni a Roma, ero poco piĂč di un ragazzo. Lo conobbi che era giĂ vecchio e malato. PatĂŹ sĂŹ tanto nel suo ultimo tempo di male di reni e di pietra, tal che da sĂ© non potendo camminare si faceva portare in seggetta dappertutto con sua comoditĂ . Il buon tio! Io l'accompagnavo sul cantiere.
Mi voleva un gran bene, pover uomo, pace all'anima sua, e mi vole presto come suo assistente. Mi proteggeva e mi favoriva con ogni caldezza. E vi tenne sempre al suo servizio? Certo! Visto poi che eravamo anche un po' parenti per via di donna, mi vole sempre appresso. E io imparavo intanto. Gli rubavo il mestiere. Riportavo impulito le sue invenzioni che mi lasciava intendere con un semplice schizzo. E' vero che avete cominciato con il fare l'intagliatore in San Pietro? Certo, Bernardo.
Non avevamo altri mezzi per studiare, allora che il mestiere dello spacca pietra. PerĂČ, quando il moderno lasciĂČ fare anche i disegni a me, lasciai affatto la professione del tagliatore. Come sarebbe bello che anch'io potessi venire sempre con voi sui cantieri! Eh, no. CiĂČ non sarĂ piĂč possibile. Dio mi vuole e devo lasciar qui tutto. No, zio. Non abbandonatemi. Su, coraggio! Da questo mondo non c'Ăš posto per i fiegli steri. A chi dovrei lasciare le mie cose? Se non a te.
Io, l'erede universale. Ma cosa diranno? La lascia pure che dicano. PerĂČ, ti voglio porre una condizione. Anzi, due. Dite pure, zio. Sapete che ho sempre fatto del mio meglio per obbedirvi. La prima condizione Ăš che tu prenda in moglie Lucia. E la seconda? Che tu ti metta seriamente, una buona volta, a studiare architettura. Zio, caro zio. Via! Che mi devi dare una risposta da uomo, e non lacrime da bambino. Farai del tuo meglio per diventare anche tu architetto.
SÏ, zio. Ma chi mi consiglierà ancora? Chi mi potrà mai guidare? Qualche nozione già la possiedi, mi sembra. Non sei a digiuno della professione. Ma ricordati sempre una cosa soltanto. Per un uomo avanzato negli studi Ú una cosa vergognosa andare a caccia di modelli e cercare appoggio nelle invenzioni altrui. O quel che Ú peggio rincevarsi nella memoria. Che intendete dire? Non capisco. Voglio dire che devi ormai appoggiarti unicamente a te stesso. Anziché ripetere come un pappadanno le nozioni imparate e essere savio sulla scorta del taccuino lo ha disegnato Caio lo ha progettato anche Semprogno ma tu che progetti hai fatto? Fino a quando fai conto di muoverti ad arbitrio di un altro? Non odiatevi, zio.
Vi ascolto. Esercita dunque il tuo stesso arbitrio. E di qualcosa che abbia l'onore di essere ricordato che venga da te. Ecco quanto mi andava ripetendo il moderno che fu per me padre e maestro. PerchĂ© non dovrĂČ io camminare sulle orme dei predecessori? A nulla mi gioverĂ il vostro grande esempio. Io in veritĂ ho iniziato col prendere la vecchia strada ma poi avendone trovato un altro piĂč vicino e piĂč piano Ăš stata questa che io mi sono aperto.
Non andate bene, zio. Non lasciatemi solo. Ho ancora molto da imparare. E nello stesso modo che dovendo navigare io posso scegliermi una nave o dovendo prendere un alloggio posso scegliermi la casa cosĂŹ ho potuto scegliermi la morte e in nulla piĂč che nella morte uno deve secondare la sua inclinazione. Esci di vita per dove hai preso l'avvio sia che tu preferisca la spada sia un laccio sia un veneno che spezzi i vincoli di questo serbaccio. Maestro mio buon maestro non lasciatevi incupire da questi pensieri anche le vostre opere hanno sempre il disdegnato il macabro gusto di chi vuol soltanto impressionare la gente ma quante vostre meraviglie hanno rinsanguato Roma le vostre invenzioni hanno ridato alla cittĂ tutto il perduto vigore delle fabbriche antiche ma a costa dei quali rinunci e quanti sacrifici mi servo ad esempio quando fui chiamato a San Giovanni in Laterano per la ruina che minacciavano i muri che erano del tutto buasti e frabici e basti dire che delle 30 colonne della Navata Maggiore ben 26 erano incluse in pilastri di mattoni a scongiurarne il crollo e voi come vi rimediate? Avevo progetti fantastici per la Mater et Caput di tutte le chiese del mondo oltre ciĂČ l'imminenza dell'anno santo mi costringeva a lavorare senza risparmiare Onorevole impresa fu quella che diede grande soddisfazione al Papa si dice certo ma ben poca al suo architetto e sempre per causa di quel pontefice che fu con me tanto generoso quanto caparbio e ostinato il mio progetto prevedeva infatti di spianare tutto il seto come era desiderio di molti allora l'interno della basilica necessitava di maggiore luminositĂ di una luce che dirompesse dalle vaste aperture come un mare soprannaturale e che si smaterializzasse poi su per l'ampia volta e invece sua santitĂ innocenza decima voleva invece a tutti i costi conservare il vecchio e breve soffitto a cassettoni non ebbe cosĂŹ la piena libertĂ di fare la chiesa conforme al mio progetto ho sentito dire perĂČ che terminaste l'opera in soli tre anni incredibile si e ripicca quasi dimostrai al Papa di saper costruire non solo gli spazi come si dice a noi architetti bensĂŹ di saper dominare anche il tempo e perciĂČ ricevetti dal pontefice stesso l'abito di cavaliere e quella bellissima bella collana con la croce d'oro che vedete lĂ sopra uscendo dalle stanze papali tutta la corte mi lodava mi stimavano tutti per il miglior architetto di Roma ma qualcuno nell'invidia che lo rovina andava travando la mia rovina non angustiatevi oltre maestro sappiamo raccontateci piuttosto quali miracoli compeste per portare a termine il lavoro in si breve tempo quando sei messo mano ad una fabbrica Ăš necessario che tu disponga le materie in modo tale che quel lavoro lo fai venire facile anche se sia difficilissimo come se si facesse lavoro liscio e ordinario e per questo bisogna tu debba talvolta governarla a cucciara al murator via stuccator risca il cucciarino ehi salegname guida meglio la cena vado allo scarpello scarpellino avanti matonator la martinella avanti lima ferraro qui ci vuol piĂč lima ci vuol piĂč zio zio chi avete zio aprite sono il chirurgo andatevene sono il chirurgo alessandro bianchi cavaliere voi mi avete fatto chiamare vai ad aprire catelino vado io zio vado io bravo nipote vai vai entrate entrate pure chi usa e cosĂŹ vi avrei fatto chiamare neanche per sogno ma visto che siete qua datevi da fare sentiamo che consigliano che prescrivono i vostri ricettari per accelerare la morte di un vecchio le ferite d'armata taglia vediamo farina di fave tenete nota caterina e chi ne trova le fave con tutta la miseria che c'Ăš in giro un ottimo rimedio Ăš pure la spoglia di biscia no no quelle bestiacce tenetevele voi sotto vetro caterina perlostratemi allora all'abitazione del signor cavaliere e procuratemi delle ragnatele ecco un altro ottimo rimedio contro le emorragie signor chirurgo ho pulito ieri la casa da cima a fondo non vi troveremo neppure la coscia di un ragnino e va bene e via vediamo gusci di uova polverizzati o una buona manciata d'erba del taglio riescono efficacemente talvolta ad arrestare il continuo fiotto emorragico erba del taglio se mi avesse chiesto della lattuga o qualche foglia di cavolo forse avrei anche potuto aiutarvi ma l'erba del taglio a uno povero ignorante come me basta con questa pagliacciata voi chirurghi siete peggio di quella canaglia d'un Bernini che si dava aria di essere architetto e non era che un pessimo scultore magnerato ne aveva ma io avevo quel volpone con grandi promesse e per l'architettura lasciava fare tutte le fatiche a me ma poi che avrei tirato a buon termine le fabbriche tiro lui gli stipendi e i salari tanto della fabbrica di San Pietro come del palazzo Barberini perfino i denari delle misure si vuole tenere quel profittatore la canaglia mai mai mi diede un soldo per le fatiche di tanti anni ma solamente luce inghe e buone parole che aviditĂ che grifagno con questo Bernini che tutta Roma esalta e acclama povero mio padrone voi quelli che non sono virtuosi ma malefici poco dovete far conto amici miei cominciando loro dall'offendere se Ăš medesimi tutta invidia e gelosia per quanto avete fatto invidia se stesse l'acqua in questa vita ho avuto a servire una congregazione d'animi cosĂŹ rimessi che nell'ornare mi hanno tenuto le mani e di conseguenza mi Ăš convenuto in piĂč luoghi obbedire piĂč al voler loro che all'arte date tempo al tempo maestro le vostre meraviglie conquisteranno il mondo questo secolo ingrato e vendicativo non vi ha capito in quante occasioni vi siete venuti a trovare solo contro tutti Francesco ha ragione zio credetemi cavaliere in tutta la cittĂ non si trova piĂč un architetto del par vostro certo il vostro Ăš sempre stato un duello impari ma vi siete battuto come un leone zio tutti lo ammettono in cuor loro anche se non osano affermarlo che le vostre opere fanno rivoluzione e giĂ mettono scompiglio nelle file e c'Ăš giĂ chi vi limita e vi copia lo so lo so caricando le mie invenzioni di grossolare pompositĂ di inutile sfarzo laddove io le avevo concepite leggere come riflessi d'acqua e funzionali agli scopi dell'opera Bernini vi condanna come un eretico altri ancora vi giudicano un architetto di gusti gotici e bizzarri ma secondo il mio modesto parere non ho capito nulla o ben poco della gran novitĂ che avete voluto comunicare al mondo al mondo ripeto e non solo a questa nostra sventurata penisola orse i tedeschi sapranno meglio apprezzare le mie invenzioni e non l'arrogante schiera degli eccellentissimi signori copisti romani e toscani e italiani in genere che hanno solo il genio di farti pagare a peso d'oro ricordatevi perĂČ ragazzi miei e voi non vi ricordo di quel che diceva Michelangelo principe degli architetti che chi segue gli altri non gli va mai innanzi e io al certo non mi sarei posto a questa professione col fine d'essere solo copista chirurgo via che fate con il naso dentro i miei quadri vi piacciono vero? ebbene non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principe degli architetti che chi segue gli altri non gli va mai innanzi e io al certo non mi sarei posto a questa professione col fine degli architetti che chi segue gli altri non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principe degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo principio degli architetti che chi segue gli altri non li va mai innanzi e io al certo non mi ricordo di quello che diceva Michelangelo cosĂŹ lui solo potrĂ redimere o condannare quello sventurato ordine dettatovi dalla furia di porre un termine al santo cantiere eppure questo fantasma sembra perseguitare con ragione la mia coscienza ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina ordina che mi si seppellisca privatamente senza esposizione del mio cadavere nella tomba del mio vecchio maestro e parente Carlo Maderno e guai a chi ricorderĂ altri menti il mio nome e guai a chi ricorderĂ altri menti il mio nome e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e guai e 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